L’annuncio della Fase 2 e l’ansia di metterci alle spalle la stressante quarantena non ci devono far dimenticare che in Italia, solo in Italia, sono morte oltre 20.000 persone in due mesi a causa del Covid-19.
Sono più di 150 i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari che hanno perso la vita a causa del contagio contratto in ospedale, nelle residenze per anziani, in casa dei pazienti. Sono centinaia di migliaia i potenziali contagiati. Non dobbiamo dimenticare i sacrifici, in alcuni casi estremi, compiuti dai lavoratori che hanno garantito a noi tutti il cibo e i farmaci, che hanno continuato a coltivare i campi e a far andare le industrie.
L’infezione da Covid-19 non è stata debellata. Il vaccino non è stato scoperto. Non ancora.
È dopo aver fatto questa premessa che dobbiamo affrontare il contenuto del nuovo decreto del presidente del Consiglio dei Ministri.
A partire dal 4 maggio si potrà tornare a circolare con maggiore libertà e cauta serenità. Purché si rispettino le norme sul distanziamento sociale.
Alla stessa data riapriranno la gran parte delle attività produttive, pur con le dovute attenzioni a presidio della salute di chi lavora e di chi acquista beni o servizi.
Qualche altro sacrificio è stato chiesto a poche e specifiche categorie d’imprese e attività artigianali, quelle che gli scienziati ritengono siano più ‘a rischio’ a causa della maggiore difficoltà di rispettare il distanziamento sociale. Una scelta dettata non dalla considerazione che barbieri, estetiste e baristi non siano capaci di organizzare al meglio la propria attività, bensì dalla valutazione circa la maggiore probabilità di diffusione del virus in quegli ambienti.
È fuori dubbio che al maggiore sacrificio richiesto debba corrispondere un maggiore sostegno da parte di Governo e Regione.
Posso rassicurare che il governo regionale farà la propria parte e confido che altrettanto farà quello nazionale, già con il prossimo decreto.
Ancora più urgente è la sburocratizzazione delle misure di agevolazione e sostegno. All’eccezionalità del bisogno, evidente a tutti e misurabile da tutti, non sempre è corrisposta l’eccezionalità della risposta da parte della pubblica amministrazione. Ritardi, inciampi, farraginosità, incongruenze interpretative hanno punteggiato tante, troppe procedure a livello periferico e centrale. Bisogna fare meglio e più velocemente. Bisogna che negli uffici si prendano ad esempio gli operatori sanitari, la loro abnegazione, il loro spirito di sacrificio. Bisogna che ciascun dipendente della pubblica amministrazione assuma su di sè il proprio pezzo di responsabilità civica, che abbia la piena consapevolezza dell’importanza della propria funzione per il presente e il futuro del Paese.
Emettere giudizi e sentenze unicamente sulla base del proprio interesse non aiuta la comunità di cui si è parte.
Fosse per me, che ho una sorella e un cognato medici ospedalieri, terrei tutti in casa per difendere loro, che amo. So che non posso pretenderlo dallo Stato. So che tocca anche a me difendere la loro e la mia salute comportandomi com’è consigliato da chi ne sa più di me. Anche a tutela di chi oggi chiede di rimettersi a lavorare e produrre.
C’è un passaggio del discorso del presidente del Consiglio che non mi pare abbia fatto presa sui cittadini: se domani, mettiamo a Manfredonia, i contagi tornassero a salire, scatterebbe nuovamente il lockdown. Per tutti.