La scomparsa di Carla Nespolo, prima guida femminile dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, mi offre lo spunto per alcune riflessioni sulla Resistenza e l’antifascismo.
Vero è che lei non è stata partigiana, anche in questo caso un primato, però ha incarnato il ruolo e il valore delle donne che hanno combattuto e sostenuto la lotta partigiana contro il nazifascismo. Se inquadrata nel contesto culturale dell’epoca, la partecipazione femminile anche agli scontri armati testimonia un passaggio epocale e avvalora l’adozione del suffragio universale nell’Italia repubblicana. Noi che di quella stagione, tragica ed esaltante allo stesso tempo, siamo figli e nipoti abbiamo il dovere di onorare la memoria delle partigiane e di promouovere il diritto alla parità di genere in ogni ambito, a partire da quello istituzionale e politico.
Esprimendo il mio personale ed istituzionale cordoglio alla famiglia di Carla Nespolo e alla comunità dell’ANPI, voglio anche affermare l’intollerabilità dell’accondiscendenza culturale e della timidizza politica nei confronti dei gruppi e delle formazioni neofasciste. Se un valore e un senso può ancora avere la Resistenza è la necessità di mantenere solido e invalicabile l’argine dell’antifascismo. Le libertà costituzionali non possono essere strumentalizzate da chi afferma, a parole e con atti, principi diametralmente opposti e palesemente contrari; da chi propaganda violenza e razzismo, suprematismo e omofobia.
Chiunque si dica di sinistra, singolarmente o in forma associata, ha il dovere di mettere da parte l’equidistanza che deriva dal conformismo e dal politicamente corretto ed assumere la responsabilità di manifestare e rivendicare apertamente la propria alterità.
Il Partito Democratico per primo, ad ogni livello, assuma la responsabilità di agire per l’affermazione netta e incondizionata dei valori dell’antifascismo, imparando a declinarli guardando al futuro e non a idealizzarli voltando gli occhi al passato.